Ci sono vini che non accettano di essere ingabbiati. Vini che non si accontentano di seguire le regole. In Toscana li chiamano Supertuscan. Nel mondo li chiamano leggende.
Negli anni ’70 e ’80, quando i disciplinari del Chianti imponevano confini stretti, alcuni produttori scelsero di ribellarsi.
Ma ribellione non significa distruzione: significa ritornare alla bellezza, riconnettersi con l’essenza più pura di un vino capace di parlare da sé, senza forzature, senza compromessi.
Scelsero strade nuove, più libere: le barrique al posto delle botti, il Sangiovese in purezza quando era vietato, oppure l’incontro con Cabernet, Merlot e Syrah, vitigni che qualcuno definiva “internazionali”, ma che, a ben vedere, trovarono casa qui per primi.
Furono infatti gli Etruschi, e poi i Romani, a portare queste uve dalla Toscana alla Gallia, molto prima che diventassero francesi di fama.
Fu, in fondo, un ritorno alle origini.
Nacquero così bottiglie che all’epoca non potevano neppure fregiarsi della DOC, classificate come semplici “Vini da Tavola”.
Eppure, erano già capolavori.
Oggi nomi come Sassicaia, Tignanello, Ornellaia, Masseto sono icone assolute, ricercate in tutto il mondo, e molti altri, da ogni angolo della Toscana, sono eccellenti espressioni di Supertuscan.
I Supertuscan sono figli di un atto di coraggio: hanno osato sfidare l’ordine, ma per restituire al vino la sua vera bellezza.
Sono la Toscana che parla con una voce nuova, unendo il carattere antico della terra a un respiro ampio, internazionale, eterno.
Un sorso di Supertuscan non è solo degustazione: è incontro con la storia, è ascoltare il battito della terra che cambia pelle, è la prova che quando il cuore guida la mano, la bellezza trova sempre la sua strada.
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